L’Arcangelo Michele e la psicostasi
Oggi, dopo oltre sette lunghi mesi, ho varcato i confini regionali (!) della Lombardia. La meta è Cabriolo, alle porte di Fidenza. Tempo fa, per puro caso, mentre cercavo altre informazioni riguardanti l’iconografia dell’Arcangelo nel web, trovai alcuni riferimenti a questo luogo: la pieve di Cabriolo, intitolata a San Tommaso Beckett.
La storia
Agli inizi dell’ XI secolo fu costruito un piccolo e modesto oratorio ove ora sorge la chiesetta.
Nella seconda metà del XII secolo, l’edificio e le terre circostanti furono donate, probabilmente da parte dei marchesi Pallavicino, ai cavalieri Templari, che vi costruirono una mansio, ossia una residenza con annessa fattoria. La cappella fu ricostruita in stile romanico, nella tipica forma rotonda delle chiese appartenenti all’ordine cavalleresco.[1]
Nel 1167 Thomas Beckett sostò a Cabriolo durante il suo viaggio a Roma; per onorarlo, la chiesa gli fu intitolata nel 1170, secondo la tradizione già il giorno successivo alla sua uccisione. Intorno al 1200 accanto al luogo di culto fu edificato un piccolo ospedale per i pellegrini che percorrevano la vicina Via Francigena.
In seguito al processo contro i cavalieri Templari, nel 1309 la mansio fu depredata e incendiata; il complesso, in stato di rovina, fu dato in commendam ai Cavalieri dell’Ordine dell’Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme, che soltanto tra la fine del XIV secolo e l’inizio del XV avviarono i lavori di ricostruzione della chiesa, riconvertendo la porzione orientale della rotonda nell’abside del nuovo edificio.
I cavalieri di Malta furono costretti ad abbandonare Cabriolo agli inizi del XIX secolo, a causa delle soppressioni napoleoniche degli ordini religiosi; la chiesa fu allora alienata a privati.
Nel 1909 la chiesa fu completamente restaurata, mentre nel 1922 fu riscoperta sulla parete interna sinistra la fascia di affreschi gotici nascosta sotto gli intonaci aggiunti nei secoli.
La fascia affrescata
Il motivo per cui sono venuta qui è l’affresco sulla parete sinistra, che potrebbe risalire al IV secolo. Il dipinto, sebbene restaurato, si presenta deteriorato, parzialmente lacunoso e diffusamente danneggiato da scalpellature, che furono effettuate in un’epoca imprecisata per consentire l’adesione dello strato di intonaco che lo coprì per secoli. La fascia raffigura la Santissima Trinità, San Michele Arcangelo, la Crocefissione, San Giovanni Battista, Sant’Antonio abate, San Martino, San Francesco d’Assisi e due committenti inginocchiati ai loro piedi. Due elementi rendono l’affresco gotico particolarmente raro:
la Santissima Trinità è rappresentata da tre angeli che consumano un pasto. Probabilmente si ispira all’episodio biblico in cui Dio visita Abramo (Genesi, 18, 1-15): una raffigurazione usuale nella cultura bizantina e poi ortodossa (basta pensare alla Trinità di Andrei Rublev, conservata alla Tretyakov di Mosca), ma non nei canoni cattolici.
San Michele Arcangelo è ritratto mentre sostiene una bilancia per pesare le anime: è ben visibile la piccola figura intenta a pregare inginocchiata nel piatto della bilancia. Ho già trovato il soggetto della psicostasia (gr. ψυχοστασία) in altre raffigurazioni di epoca medievale in Lombardia e dintorni, anche se alcuni sostengono si tratti di una rappresentazione abbastanza rara.
La psicostasia era un elemento caratteristico dell’antichissima cultura egizia: Difficile dire se vi sia o meno un collegamento: forse potrebbe esserci stato, attraverso la mediazione della cultura ellenistica, ma non c’è nulla che sia provato.
Ma certi sono il fascino che scaturisce da questa rappresentazione e la commozione che suscita la minuscola sembianza umana, raffigurata nel piatto della bilancia, intenta a pregare per la propria salvezza.
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